
Sintesi:
Con la recentissima sentenza n. 34658/2022 la Corte di Cassazione ha ribadito che in materia di trattamento dei dati personali, Google deve garantire la rimozione degli URL riferibili all’interessato non soltanto nei paesi dell’Unione Europea ma anche oltre i confini euro-unitari.
Il fatto:
La vicenda in esame trae origine dall’accoglimento di un ricorso del Garante della Privacy italiano per la rimozione degli URL non solo europei ma anche extra europei attraverso la cosiddetta procedura di global delisting operando un bilanciamento tra la riservatezza e la diffusione della notizia secondo gli standard di protezione italiani.
Il ricorrente lamentava che il diritto all’oblio, nel suo caso, era stato pregiudicato “dalla perdurante diffusione nel web di notizie non aggiornate circa una vicenda giudiziaria penale in cui era stato coinvolto e dalla quale era stato assolto tramite decreto di archiviazione delle indagini preliminari per infondatezza della notizia di reato”.
Ai sensi dell’ art. 152 D.Lgs. 196/03 il gestore del motore di ricerca chiedeva che fosse annullato il provvedimento del Garante: il Tribunale, applicando la Direttiva 95/46/CEE accolse il ricorso solo in ordine alla rimozione dalle versioni nazionali del motore di ricerca.
Avverso tale sentenza, il Garante proponeva ricorso per Cassazione per tre motivi: il primo riguardava la violazione della normativa che consente un’applicazione extraterritoriale delle norme unionali e nazionali; il secondo motivo di doglianza prevedeva la violazione delle disposizioni relative al criterio di bilanciamento degli interessi; il terzo motivo riguardava la contraddittorietà della motivazione in merito alla sentenza che affermava la mancata sufficiente prova della lesione subita.
La Corte i primo luogo afferma che il diritto all’oblio deve essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione oltre che con il diritto del soggetto a “non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica diversa da quella reale e costituente notizie ormai già superate”.
Inoltre, per quanto concerne l’estensione territoriale, il diritto dell’UE non osta a che l’autorità di controllo possa chiedere al gestore una deindicizzazione su tutte le versioni del proprio motore di ricerca.
Con l’ordinanza in esame la Corte accoglie dunque il ricorso affermando che la tutela del diritto all’oblio consente, d’accordo con le norme UE, all’Autorità Giudiziaria di ordinare ai vari motori di ricerca una deindicizzazione globale di contenuti non più attuali e dannosi.